Medicina intuitiva del bosco

 

Arte di Tetsuhiro Wakabayashi

Esistono luoghi sulla terra capaci di guidarci e sostenerci nel nostro percorso di guarigione. Luoghi che ci aiutano a ripercorrere il cammino della scoperta, del mistero, della quiete, dell’unità.

Questi luoghi sono i boschi, ecosistemi complessi e multidimensionali dove l’essere umano può ricomporre l’equilibrio con se stesso e con la natura.

Ciò che noi chiamiamo bosco è in realtà una comunità di esseri senzienti che vive in armonia, che scambia, comunica, si relaziona attraverso una rete invisibile, sotterranea, di alleanza e reciprocità.

In questa rete gli alberi sono i vecchi saggi, portatori di conoscenza indispensabili all’equilibrio della vita, simboli spirituali, ponti mitologici della comunicazione tra i mondi: il mondo di sotto, la terra di mezzo e il cielo.

Luoghi sacri, i boschi ospitano da sempre rituali e iniziazioni offrendo in cambio il dono dell’epifania, del risveglio, della trasformazione alchemica.

Nelle antiche religioni del passato si incontrano spesso esempi di culto resi agli alberi. Tra questi l’Albero cosmico, pilastro centrale di una cosmogonia che si basa sul ciclo ritmico della natura intesa come espressione del divino, divinità incarnata che protegge e guida il sentiero dell’umanità verso la conoscenza ancestrale.

Insieme alle piante e dopo le rocce gli alberi sono i nostri antenati più antichi, testimoni di un tempo mitico dove la partecipazione mistica alla natura aveva un ruolo rilevante nell’equilibrio della salute individuale e collettiva.

In questo senso i boschi possono essere considerati dispensatori di medicina, dove per medicina non dobbiamo certo intendere il rimedio farmaceutico contemporaneo preparato in laboratorio, ma un rimedio altro che agisce con valore simbolico e relazionale per ripristinare l’armonia, l’equilibrio e quindi anche la salute della persona.

Questo rimedio può consistere - come nel caso della medicina tradizionale dei popoli - in una tecnica o una pratica che opera sull’integrazione di corpo, mente e anima e che può coinvolgere la sfera della comunità e del territorio. Esempi di questo approccio alla cura che possono rientrare nell’ambito di una medicina simbolico-relazionale sono ad esempio la danza, il rituale, la spiritualità, l’utilizzo di erbe legate alla tradizione locale, la frequentazione di luoghi di potere.

Per ‘medicina intuitiva del bosco’ possiamo intendere la riserva di rimedi disponibili nel bosco la cui valenza agisce sul piano fisico estendendosi poi al sistema di miti, riti, cosmogonie e tradizioni etnografiche che caratterizzano le diverse culture del mondo.

Queste risorse sono disponibili a tutti e sono un patrimonio collettivo.

Proprietà curative del bosco

Tra le proprietà curative del bosco possiamo riscontrare il suo effetto calmante sul nostro sistema nervoso, testimoniate dai recenti studi giapponesi di medicina forestale tali da sostenere in Giappone, lo sviluppo di aree naturali di ricerca dedicate alla pratica dello Shinrin Yoku, il bagno di foresta.

Sono numerose in Giappone le stazioni di terapia forestale dove si offrono programmi giornalieri che prevedono attività di meditazione, yoga, riposo, camminata consapevole, esplorazione sensoriale, contatto diretto con gli alberi, l’acqua.
Tra queste, per citarne alcune, possiamo menzionare la stazione Akasawa Natural Recreation Forest, Okutama Forest Therapy Base.

Non c’è dubbio che questo approccio alla medicina del bosco porti dei benefici fisici ed emotivi. Tuttavia nella diffusione di questi programmi su scala internazionale c’è un aspetto che secondo me merita attenzione. La medicina forestale si sviluppa in un paese le cui diverse tradizioni spirituali sono incentrate sul culto della natura. Shintoismo, Zen, Ascetismo Yamabushi (monaci della montagna) sono tradizioni religiose, filosofie, approcci sciamanici che sottintendono una visione animista del cosmo.

La terapia forestale giapponese propone un metodo per migliorare la salute fisica che si basa sulla frequentazione di luoghi considerati sacri.

Indipendentemente dalle attitudini religiose contemporanee del popolo giapponese, le quali possono essere più o meno orientate alla contemplazione del sacro nella natura, non c’è dubbio che l’aspetto culturale di matrice animista rappresenti una chiave significativa nello schema terapeutico proposto come Terapia Forestale.

Multidimensionalità.
Valenza simbolica, energetica e archetipale del bosco

Da sempre i boschi rappresentano la dimensione simbolica del viaggio iniziatico, della scoperta, della trasformazione, come ci raccontano le mitologie del tempo antico e le fiabe del mondo.

Da sempre il bosco è un luogo sacro, luogo di culto caratteristico anche delle antiche religioni europee, come ad esempio quella romana, greca, celtica, baltica.

Nel bosco è custodita la medicina del simbolo, dell’energia invisibile, dell’archetipo, codici culturali che appartengono al nostro bagaglio genetico e che in un passato non molto remoto sono stati forme di cura praticate dal popolo attraverso le erbe, la conoscenza degli alberi o i rituali per ripristinare l’armonia individuale e collettiva.

Il bosco ci assorbe in un tempo fuori dal tempo, non solo per via del suo effetto calmante sul nostro sistema nervoso ma anche per via della sua atmosfera poetica capace di stimolare l’immaginazione, di offrire un rifugio onirico all’esperienza sensoriale, di iniziarci alla visione sciamanica che nasce dal cuore.

Camminando nel bosco si ha spesso l’impressione di addentrarsi in un labirinto di suoni, odori, immagini e colori grazie ai quali l’anima ritrova se stessa vagando nell’imprudente e gioiosa incertezza di una realtà più ampia e profonda.

Cosa troviamo nel bosco una volta entrati in questo stato di coscienza ampliata?

Troviamo un mondo animato, in dialogo, che si offre a noi nella sua fragilità, bellezza, unicità, ciclicità.

Un mondo che ci ricorda chi siamo, che ci fa da specchio, che ci mostra le nostre paure, i nostri sentimenti più autentici, il nostro desiderio umano di partecipare ai misteri del cosmo, creativamente.

Incontriamo i grandi saggi come le querce, le betulle, i pioppi, le acacie con il loro ritmo sacro di foglie che danzano tra i rami e la terra. Ma incontriamo anche ciclamini, primule, bucaneve, radici e funghi, tappeti di erba e di muschio, ruscelli, pietre, farfalle, orsi, cervi, cavalli, e le storie portate dal vento.

Vi siete mai seduti insieme ad un albero per ricevere le sue energie curative?

Nell’antica tradizione taoista gli alberi sono una fonte di energia vitale molto importante al punto che è prevista una pratica detta ‘di accoppiamento’ tramite la quale ci si connette con i gli elementi visibili ed invisibili del’albero per percepire e ricevere il flusso della loro energia vitale.

Questa pratica, sostenuta da una respirazione consapevole, permette di assorbire ‘prana’ o ‘chi’ dall’albero ma anche di aprirsi ad una nuova prospettiva sul proprio mondo interiore.

Nelle tradizioni sciamaniche l’osservazione e lo studio e l’uso delle piante a scopi curativi porta alla comunicazione diretta con l’essenza stessa della pianta stessa, con il suo spirito, la parte invisibile.
Secondo questa tradizione gli alberi possono essere spiriti alleati ai quali portare offerte e dai quali ricevere sostegno e suggerimenti.

La lettura dei miti e la ritualizzazione dei cicli naturali sono ancora altri strumenti per sviluppare una conoscenza intuitiva delle risorse del bosco e per creare nuove narrazioni autobiografiche capaci di reinserire la propria storia in un tempo più ampio di quello lineare disegnato dalla civiltà contemporanea.

Basta sedersi e rimanere in silenzio nel bosco per ricevere saggezza, intuizione, fantasia, vitalità. Accettare di aver dimenticato qualcosa e rendersi disponibili al ricordo di un tempo mitico, quello del Sogno, in cui il mondo è stato creato per la prima volta. Accorgersi che il Sogno è sempre all’opera e che il mondo intero è guarito insieme al sognatore quando quest’ultimo torna a creare con lui.

Questa è la medicina intuitiva del bosco. Avvicinarsi con lo spirito della scoperta, lasciare andare qualcosa che crediamo di sapere ed aprirci al linguaggio dell’anima, che è il linguaggio della bellezza nella danza tra l’ombra e la luce.

Ascoltare, porre domande al bosco sacro. Per poi tornare ad ascoltare.

PS: Cosa ne pensi della ‘medicina intuiva del bosco’? La pratichi anche tu?