Il Popolo di Pan

 
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Una riflessione sulla pandemia.
Roma, 24 marzo 2021

Come molte regioni italiane il Lazio, da dove scrivo, è in zona rossa.
Nonostante le limitazioni i parchi sono aperti e questo è davvero un buon momento per inserire nella nostra quotidianeità una pratica in natura, non solo per ritrovare il benessere del nostro corpo, che è stato messo a dura prova da questa lunga esperienza di isolamento, ma anche per portare alla coscienza il nutrimento necessario ad affrontare il cambiamento.

Il termine pandemia deriva dal greco pan-demia e vuol dire letteralmente " tutto il popolo", ma può essere anche letto come "il popolo di Pan", ed è su questa seconda interpretazione che mi soffermerò oggi in virtù del suo carattere evocativo.

Pan, il Dio della natura dentro e fuori di noi, ha l'aspetto di un satiro, mezzo uomo e mezzo caprone. Pan è il dio delle campagne, delle selve, personificazione e metafora di una geografia che è anche interiore.
Il suo habitat è costituito da grotte, boschi, forre e luoghi selvaggi, quei luoghi della terra e della psiche umana che, con l'avvento della civiltà, sono stati posti fuori dal recinto dell'abitato.

Pan è anche il Dio rimosso. La sua morte risale a circa duemila anni fa, quando Plutarco nel suo trattato Tramonto degli oracoli fece pronunciare al
comandante Thamus queste parole: "Pan, il grande, è morto!".

Con la morte di Pan la natura venne privata della sua voce creativa,
"andò perduta la connessione psichica con la natura (...) le pietre divennero soltanto pietre - gli alberi, alberi; le cose, i luoghi e gli animali non erano più questo Dio o quello, ma diventarono 'simboli'." (J. Hillman)

Con la rimozione del Dio Pan, personificazione della natura, è stata rimossa in occidente (il comandante Thamus si recava dalla Grecia a Roma) anche la coscienza dell'anima, che è natura.

Pan il rimosso è diventato il terribile, il temibile, è diventato panico, rappresentazione della paura, forza istintiva che si sottrae alle logiche contenitive della ragione.
Gli attacchi di panico sono manifestazioni della paura che sospende lo stato di ragione.

Eppure la paura, sotto forma di richiamo da parte di Pan, è salvifica.
E' la saggezza del nostro corpo, è il potere ancestrale dell'anima che torna incessantemente a ricercare il selvatico poichè è nel pericolo che cresce ciò che salva, come diceva il poeta tedesco Holderlin.
Fuori dalle mura del mondo razionale cresce la salvezza dell'istinto, dei sensi, il potere primevo dell'uomo che è innanzitutto natura.

La paura è una via terapeutica. Per guarire da cosa?
Dal dominio del mentale.

La grande Ma gCig Labsgron, mistica tibetana vissuta nell' XI secolo, esortava a frequentare i luoghi selvatici, deserti e solitari della natura, i luoghi di potere dove si annidano i nostri demoni.
Nel Chod, il rituale di autosacrificio meditativo di origine tantrica-sciamanica insegnato da Ma gCig, il praticante che desidera liberarsi dai vincoli illusori della mente si reca in pellegrinaggio per luoghi pericolosi con lo scopo di praticare un rituale visionario di sembramento del corpo tramite le visualizzazioni.
Il rituale del corpo offerto ai demoni della paura che viene praticato nel Chod ha lo scopo di sradicare l'attaccamento all'ego.

Se Pan il rimosso torna tra noi con una pandemia possiamo chiederci cosa ci stia comunicando, perchè ci stia chiamando tutti a raccolta.

Come ci suggerirebbe Hillman possiamo scegliere di essere vittime o eroi di questa chiamata, poichè la storia è nella nostra visione delle cose, ed è la nostra narrazione che crea il mondo.

Nutrendo il più profondo rispetto per il dolore creato da questo periodo storico possiamo trasfigurare le immagini degli eventi e guardare a questa pandemia con uno sguardo immaginale, cogliendone l'aspetto simbolico. L'immaginale è un intermondo tra il sensibile e l'intellegibile (Henry Corbin), è il luogo dell'anima, la prospettiva dell'anima (Hillman).

In chiave immaginale la chiamata di Pan può essere un invito a sperimentare la solitudine, la paura, il crollo delle antiche certezze basate su logiche non più sostenibili per la nostra vita.
Può essere un invito a frequentare e ad ascoltare la natura per rigenerare la forza dell'anima poichè è da lì che nascerà il cambiamento che tutti auspichiamo, un cambiamento che può avvenire solo individualmente in ciascuno di noi.


Ti invito a cercare luoghi selvatici dove meditare, respirare, dialogare con la bellezza non addomesticata.
Anche le città sono ricche di questi luoghi.

Abbraccia le tue paure,
offri i tuoi respiri alla natura.
Resta in ascolto.
Qualcosa di inaspettato accadrà.

Buona primavera