La mela e la mente poetica

 
20210416_155350.jpg

Puoi ascoltare l’articolo in formato audio.

 

Chi ha intrapreso la via della pratica yogica sa che non c’è nessuna differenza sostanziale tra l’esperienza che si svolge sul tappetino e l’azione nella vita quotidiana.
Qualsiasi cosa, vissuta nell’unione con la coscienza, è espressione della ricerca di verità.

In questo articolo, che fa seguito ad alcune brevi riflessioni pubblicate tempo fa all’interno della Comunità di Pratica (il nostro gruppo Facebook) condividerò un pensiero che ha stimolato la mia attenzione durante i giorni di Pasqua mentre ero in montagna.

Questo pensiero ruota intorno alla natura, alla nostra concezione del mondo naturale e alla necessità di aprirci ad una nuova prospettiva su di esso per alimentare il cambiamento ecologico che tutti auspichiamo.

Questo pensiero è una riflessione sulle mele e la mente poetica.


Nella nostra cultura del benessere la natura è considerata come una fonte di vitalità, rigenerazione fisica e psicologica. I nuovi orientamenti nel campo della pedagogia e della salute sottolineano il potenziale creativo e curativo degli ambienti naturali.
Sono un esempio in questa direzione tutte le pratiche di Outdoor Education o di Nature e Forest Therapy nate in Giappone e rapidamente diffuse in tutto il mondo.

E’ vero che negli ultimi tre secoli ci siamo progressivamente allontanati dalla natura per adottare uno stile di vita urbano, ed è vero che il nostro corpo ne risente. I sensi sono impoveriti e con essi la nostra capacità di intuizione, l’orientamento verso ciò che è sano, autentico e bello.

Proprio ieri in montagna parlavo con un agricoltore che non si è mai arreso al sistema di produzione industriale.
Mi raccontava delle sue mele di piccola dimensione che non avevano trovato acquirenti nel supermercato del paese perché diverse dalle mele della grande distribuzione, più grandi e belle.

Sono certa che il nostro primo passo verso il cambiamento ecologico sia da compiere attraverso una rieducazione alla bellezza della natura che è diversità, imperfezione, evanescenza, e che questa rieducazione passi attraverso una profonda rigenerazione delle nostre abilità sensoriali, della riscoperta del piacere, della quiete, della presenza sincera al nostro corpo, ed è per questo che ho ideato un intero corso dedicato ai sensi (Puoi iscriverti qui: Yoga dei Sensi).

Tuttavia, insieme ad un approccio che ci porti a rinforzare il nostro radicamento nel corpo, senza il quale oltretutto non vi è possibilità nè di sentire, né di fare esperienza della natura, c’è anche un’altra possibilità che si delinea in maniera sempre più vivida all’orizzonte della nostra ricerca. Questa possibilità consiste nel riabilitare il mistero , nel reintegrare all’interno della materia il suo aspetto invisibile, energetico, animico, quell’altra faccia della realtà che abbiamo sepolto nelle foreste e allontanato dai nostri centri abitati tanto tempo fa.

Se ci avviciniamo alla natura oggi vediamo perlopiù la sua realtà fisica, solida, abituati come siamo ad osservare il mondo attraverso il filtro della ragione. Guardiamo l’albero e pensiamo di conoscerlo perché ne conosciamo la struttura, i processi biologici. Ma questo tipo di conoscenza non ci offre il linguaggio, la spinta necessaria a ritrovare il nesso profondo e intimo con la natura, quel nesso che può avere origine solo nel nostro cuore e che è capace di ridestare l’anima mostrandole le connessioni alchemiche tra gli elementi.

Dobbiamo ritrovare l’immagine poetica dell’albero che è in noi, la coscienza poetica dell’albero, l’immaginazione, il ricordo atavico, primoridiale, quel ricordo che sorge nel territorio della nostra intimità, poichè è proprio seguendo quel ricordo, quella immagine, che incontriamo la strada del mistero e riscoprire la logica del sentimento che ci avvicina alla natura.

Non è forse contemplando l’albero dal luogo della pura intimità che giungiamo alla comprensione intuitiva dell’universo, che torniamo ad essere universi?

Vivere l’albero come un mistero vuol dire dimenticare ciò che sappiamo di lui, ciò che ci aspettiamo da lui (le mele grandi e belle?), aprirci alla fragranza sconosciuta che è racchiusa in ogni mela quando è coltivata secondo i principi che rispettano il ciclo naturale e imprevedibile della vita.

Poiché è nell’incertezza e nell’imprevedibilità della mela che è racchiuso il nettare del piacere.

Dunque anche l’esercizio dello scegliere una mela ci offre l’opportunità di coltivare la nostra mente poetica e contribuire al cambiamento ecologico.