Yogini sciamane

 
Come Dee che scorrono

‘Come Dee che scorrono’

Anche se la ricostruzione storica della spiritualità femminile indiana è solo agli albori, diversi elementi testimoniano che alle origini dello yoga vi fosse una pratica legata al culto della Dea Madre e che le donne rivestissero un ruolo importante nella trasmissione di questo sapere.

Le ricerche sulle Yogini sciamane portano alla luce un passato ancestrale di culti e rituali incentrati sul femminile sacro.

Una rilettura delle legende, delle gesta e dei poteri magici ad esse associati può essere utile per ampliare la riflessione sulla specificità contemporanea del percorso yogico femminile in un contesto culturale e cognitivo che risulta essere ancora fortemente connotato da condizionamenti patriarcali e dove la ricerca spirituale delle donne rischia spesso di essere interpretata come una espressione di stravaganza.

Chi erano le Yogini Sciamane della tradizione tantrica e in che cosa consisteva la loro pratica yoga?

Quali sono i punti di contatto tra la tradizione tantrica basata sul culto della Dea Madre e i misteri dello sciamanesimo femminile?

Come può l’insegnamento delle Yogini tantriche essere di supporto per le donne contemporanee?

Nell’articolo che segue ho cercato di rispondere a queste tre domande riassumendo i tratti significativi delle Yogini, figure femminili luminose e complesse che hanno accompagnato lo sviluppo della tradizione spirituale tantrica.

Negli ultimi anni esse sono diventate muse ispiratrici per il mio insegnamento di Yoga Sciamanico Femminile, pratica che si basa sulla tradizione dello Sivaismo del Kashmir integrando principi e ritualità legate allo sciamanesimo femminile con lo scopo di aiutare le donne a riprendere il proprio cammino creativo verso la libera espressione della propria natura illuminata.

 

La Dea Madre e il culto delle Yogini

L’antica spiritualità religiosa indiana è legata alla celebrazione della Dea Madre. Essa è terra, paesaggio, vegetazione, natura, nonché il principio femminile a lei che permea ogni cosa.
Intorno a questo principio la tradizione tantrica indiana sviluppò un movimento trasgressivo e selvaggio incentrato sul culto delle Yogini.

Yogini è un termine che allude a più significati. Esso include figure ambivalenti e disparate che comprendono divinità femminili, figure semi-divine di natura selvaggia con poteri metamorfici, seguaci dello yoga e compagne di pratiche rituali.

La fluidità di significati con cui vengono caratterizzate le Yogini lascia spazio a molte interpretazioni e la sua ambivalenza rappresenta un terreno fluido di studio e di dibattito.

Alla base del culto delle Yogini vi è probabilmente un ‘riuso’ di divinità connesse con il mondo naturale che ebbe origine da una componente indigena le cui radici storiche potrebbero essere rintracciate in un antichissimo lignaggio di donne collegate alla civiltà dell’Europa Antica.

Diversi studi mettono in evidenza parentele archetipiche tra le Yogini tantriche e il lignaggio sciamanico femminile che si è sviluppato tra il Mediterraneo, l’India e la Cina grazie alla cosiddetta Via della Seta.

Venere di Laussel. Francia. 25.000-18.000 AEC. Bassorilievo dipinto con ocra rossa. Testimonianza preistorica del culto legato alla fertilità della donna.

Sono diversi gli elementi di continuità che caratterizzano le pratiche rituali delle Yogini assimilandoli a quelli di altre donne sagge provenienti dalla Grecia, dalla Siberia, dall’Egitto, dall’Africa e dal Tibet a testimoniare la presenza di una antichissima religione basata sul culto della Dea il cui simbolismo principale è incentrato sulla Madre Terra, custode di un mitico tempo ciclico incarnante il mistero di nascita, morte e rigenerazione.

 

Yogesvari, La Signora dello Yoga

Le Yogini vengono spesso definite ‘le potenti’ o ‘Signore dello Yoga’, in riferimento ad un corpo di pratiche che ha caratteristiche differenti da quelle dello yoga classico così come lo conosciamo oggi in occidente e che sembra essere connesso con lo sviluppo di abilità magiche (siddhi).

Queste abilità possono essere comprese nella più ampia cornice spirituale del movimento tantrico, che è caratterizzato da una particolare propensione emotiva e passionale e che concepisce la liberazione dalla sofferenza come un percorso di adesione alla vita, al corpo e ai sensi intriso di creatività e di gioia.
Nella tradizione tantrica troviamo molti modi per intensificare la realtà e vivere la beatitudine come ad esempio la pratica di banchetti rituali, di poesia spontanea, di danze e canti, di offerte rituali alla Dea in varie forme.

Una particolarità dei tantrika è quella di ricercare la via verso la consapevolezza non ordinaria in qualsiasi contesto, compresi quelli più ordinari della vita quotidiana, in modo da integrare la pratica contemplativa nel vissuto reale e rimodellare la realtà soggettiva attraverso modelli estetici che offrono la possibilità di abbracciare una visione illuminata (Shaw 2010).

Ed è proprio con questa prospettiva che possiamo avvicinarci allo studio delle Yogini. Esse sono icone della libertà femminile, del potere creativo e sciamanico di ogni donna. Un potere innato che può essere risvegliato per liberare le donne da condizionamenti culturali molto antichi e per nutrire il loro coraggio di operare scelte basate sulla saggezza del corpo.

Queste figure possono infatti essere lette come archetipi del principio femminile illuminato che risiede nelle viscere e nel cuore di ogni donna. Come afferma Miranda Shaw:

L’identificazione con modelli di figure divine femminili fornisce alle donne una base inattaccabile per la fiducia in se stesse, quell’’orgoglio divino’ che deriva dall’aver risvegliato la propria divinità innata.
La presenza di dee che apertamente gioiscono della propria femminilità libere da vergogna e paura, sembra aver autorizzato le donne a dire la verità coraggiosamente, a essere fisicamente e mentalmente avventurose, nonché ad essere polemiche e aggressive quando necessario.

 

Le origini sciamaniche del movimento tantrico femminile

Diversi studiosi suggeriscono che il movimento tantrico femminile abbia avuto origine dalle sacerdotesse e sciamane delle società matrilineari e tribali che veneravano la Dea Madre nelle sue variegate sembianze.

Reperti preistorici attestano che già dal IV millennio a.C. era presente in India una cultura della Dea Madre, espressa attraverso raffigurazioni della yoni (vulva) e del corpo femminile (Lussana 2017) che veniva perlopiù rappresentato attraverso la forma del cerchio, simbolo del grembo ancestrale.

Tempio circolare delle Yogini. Hirapur

L’ambiguità di interpretazioni offerte dal temine Yogini dà ambito ad un ampio spettro di letture tra le quali spicca una concezione della donna come divinità incarnata.

Il termine Yogini è stato utilizzato per indicare figure disparate che possono essere raccolte in tre categorie (Policardi 2020): Yogini divine o Devi, Yogini semidivine con natura selvaggia caratterizzate da poteri metamorfici, Yogini umane appartenenti a clan.

Figure di confine tra umano e non umano le yogini rappresentano l’idea della liminalità e dell’alterità.
Esse abitano la soglia tra i mondi svolgendo la funzione di ‘porte’ tra il visibile e l’invisibile.
Questo aspetto è testimoniato sia dai luoghi di natura selvaggia in cui esse venivano invocate, come la foresta, la vetta della montagna, la giungla o la sponda del fiume o luoghi posti al limite della civiltà come edifici o vecchi templi abbandonati, in ogni caso si tratta di zone del mistero dove possono accadere eventi fuori dal comune.

I tratti caratteristici delle yogini attestano una familiarità con le funzioni dello sciamanesimo femminile, un fenomeno antichissimo e trasversale a molte culture del passato che si basa sulla capacità delle donne di vivere in uno stato bipolare di coscienza (Noble 2005), una condizione biologica ed energetica legata al ciclo lunare del sangue che permette loro di cavalcare creativamente la soglia tra la vita e la morte, di essere in connessione con le piante e gli animali, di trasformarsi e rinascere ciclicamente a nuovi livelli di consapevolezza.

Nella tradizione spirituale indiana i poteri sciamanici vengono chiamati siddhi, termine sanscrito che può essere tradotto come ‘realizzazione’.

Nella tradizione induista e nel buddhismo tantrico le siddhi indicano il raggiungimento di un potere spirituale magico che può consistere nella capacità di diventare invisibili, chiaroveggenti o addirittura abili nel volo come è testimoniato in alcuni dei testi classici di riferimento per l’Hatha Yoga come gli Yoga Sutra, Hatha Yoga Pradipika, Gheranda Samhita e Siva Samhita.

Se nella tradizione dell’Hatha Yoga le siddhi maschili sono il risultato di una pratica ascetica e fisica, nella tradizione tantrica le siddhi femminili sono il risultato di un risveglio spontaneo nella consapevolezza della donna che diventa capace di ‘arrendersi’ al flusso delle potenti energie cosmiche che la attraversano.

L’associazione tra le siddhi e il femminile è molto antica e sembrerebbe precedere la tradizione dello yoga maschile. A testimonianza di questa ipotesi Uma Dinsmore-Tuli mette in evidenza il fatto che le siddhi femminili siano citate in testi antecedenti alla tradizione dell’Hatha Yoga come ad esempio nello Yogini Tantra (1350 EC) e nello Yoni Tantra (1650 EC).

Secondo la filosofia tantrica la specificità delle siddhi femminili risiede nel potere della Yoni quale veicolo di connessione tra la donna e la forza creatrice della Dea.
Nella Yoni è custodito il mistero della nascita, della rigenerazione e della morte legato al ciclo mestruale. Ciclo che testimonia la natura bipolare ritmica della donna legata alla luminosità della nuova vita (ovulazione) e all’oscurità del periodo mestruale durante il quale essa ha accesso a stati di conoscenza non ordinari.

Nei testi tantrici la sacerdotessa mestruata era la maestra più potente in grado di trasmettere la conoscenza dei misteri yogici all’adepto maschio (Noble 2005).

Nell’avvicendarmi allo studio delle Yogini mi è apparso intuitivamente chiaro che le loro figure avessero dei significati archetipici, così ho scelto di presentarle per gruppi associandole a quattro categorie di potere o di siddhi: le Dakini, o danzatrici dei cieli sono associate al potere dell’intuito; le Matr e Yogini teriantropiche sono associate al potere della creazione legato al parto biologico o alla concezione di nuove idee; le Nagini sono associate al potere del ciclo mestruale e alla connessione con la luna; le Yaksini infine sono associate alla connessione con la terra e con le altre donne.

 

Le ‘Danzatrici dei cieli’e il potere dell’intuito femminile

Le Yogini sono guaritrici e streghe, detentrici di poteri magici come l’arresto del respiro, la levitazione e la trasformazione degli adepti.

Nel buddismo tantrico la parola yogini si presenta spesso con il termine dakini, il cui significato è ‘colei che vola’. E’ interessante notare che nelle moderne lingue dell’India settentrionale le parole ‘dain’ e ‘dayan’, che significano ‘strega’, derivano da dakini.

Le Yogini sono artiste dell’estasi e del mistero. Insegnano metodi per raggiungere stati di consapevolezza non ordinaria che mirano ad una liberazione psicologica dalle sofferenze accumulate durante la vita. Questi metodi, che includevano danze e banchetti, poesia, offerte del fuoco e pratiche yogiche, servivano per ritrovare l’aderenza al flusso della vita e per intensificarne l’esperienza, espandendo la gioia, la creatività e la beatitudine.

Vajrayogini rossa

Per via della loro natura liminale legata ai luoghi di culto (crematori) e alla simbologia dei teschi e delle ossa con le quali sono state spesso ritratte, nonché per i loro rituali sciamanici di smembramento rituale (chod) le Dakini rappresentano gli archetipi femminili del potere rigenerativo insito nel ciclo vita-morte-rinascita.

Ma soprattutto esse incarnano il potere intuitivo femminile. In quanto danzatrici dei cieli esse rappresentano il potere spirituale di una mente aperta e illimitata come lo spazio, la conoscenza estatica spontanea e immediata che squarcia il velo di tutte le illusioni e delle paure legate al mondo materiale.

L’affinità tra le Dakini e le ossa, come anche la frequentazione di luoghi lontani dalla civiltà rimanda alla relazione con il femminile selvaggio e alla tradizione della Donna-lupo (la Loba) o della Donna delle ossa, personificazioni dell’intuito femminile che ci appare attraverso indizi, segni e assaggi fugaci.

Oggi le ossa ci fanno paura perché da tempo abbiamo perso il contatto con la morte relegandola, come la Dea, ai confini della nostra cultura. La connessione con la morte e la familiarità con l’oscurità sono un altro aspetto significativo di queste figure che le accomuna ad una lunga tradizione sciamanica femminile di custodia dei defunti e di accompagnamento nell’aldilà a cui Morena Luciani Russo dà ampio spazio nella sua ricerca sulle Donne Sciamane (Russo 2012).

Dakini che danza nel vasto cielo della coscienza

In ogni donna c’è una danzatrice del cielo libera di creare la propria identità nello spazio multiforme delle infinite possibilità. Ogni donna danza sulle ali del respiro creando e distruggendo mondi, cogliendo l’invisibile nell’ordinario, raccogliendo ossa luminose nei luoghi selvatici della psiche per rigenerare se stessa e la terra.

Nella tradizione dello Yoga del Kashmir l’attitudine contemplativa dell’asana (postura del corpo) incentrata sull’apertura totale al sentire è il veicolo per coltivare pratibha, l’intuizione, quella conoscenza diretta ed esperenziale libera da ogni pensiero concettuale che permette di ‘abitare il vasto cielo della coscienza ad ali spiegate e spensieratamente’ (Lussana 2021).

 

Madri della conoscenza ancestrale

Nelle loro multiformi sembianze le Yogini assumono anche forme antropomorfe e teriantropiche (thērion, dal greco, animale selvatico). Sono metà donna e metà animale o donne con la testa di animale, belle e terribilmente pericolose. Esse incarnano il potere archetipico della generatività.

Questo loro aspetto può essere ricollegato al culto antico delle Matr, (madri) figure femminili connotate da una iconografia materna con testa animale, i cui primi ritrovamenti risalgono al I-II secolo EC. Esse erano inizialmente connesse alla nascita, alla fertilità come anche alla malattia e alla morte, incarnando l’archetipo della Dea doppia dispensatrice di vita e di morte (Policardi 2020).

Yogini dalla testa di bufala. Museo Nazionale di Delhi

Alcuni testi tantrici, come ad esempio il Brahmayāmala - che risale al VII secolo e che risulta essere uno dei più antichi - prescrivono di utilizzare le Dee con forme animali nei rituali magici all’interno di specifiche visualizzazioni che possono essere praticate in mandala tracciati all’aperto dove le immagini delle yogini dovevano essere disposte in cerchi.

Solo più tardi, intorno al X secolo, i cerchi all’aperto furono sostituiti dai templi circolari dove le Yogini venivano ospitate in gruppi di 64 dee (multipli di otto).

La simbologia animale è trasversale a tutte le culture antiche ed in particolare a quelle incentrate sul culto della Dea Madre come testimonia l’ampia opera di ricostruzione archeomitologica di Marija Gimbutas. Potnia Theron, “Signora degli animali”, fu la dea più importante dei popoli del Mediterraneo nell’Età del Bronzo. Raffigurata nuda e talvolta alata, spesso affiancata da animali che tiene saldamente a sé a simboleggiare la sua natura selvaggia e primordiale, essa convive con le belve feroci e la vegetazione spontanea.

Nelle tradizioni sciamaniche l’animale è uno spirito, una forza, una guida interiore che accompagna l’umano in un profondo contatto con la conoscenza di verità altrimenti non accessibili alla mente ordinaria.

Gli animali sono un veicolo fantastico per contattare energie, per invocare il potere trasformativo dell’immaginazione, il potere estetico dell’anima mundi che richiama la psiche a navigare nei terreni dell’interiorità per tornare a comprendere se stessa. Essi vengono spesso a trovarci nei sogni per comunicare con la nostra anima e risvegliarci dall’esilio in cui ci siamo auto-confinati dopo averli ripetutamente sterminati.

Il potere femminile incarnato dalle Yogini teriantropiche con testa o corpo di animale sembra suggerirci una connessione innata della donna con le potenti forze animali della natura nonchè la sua capacità di assumere, attraverso una identità animale multiforme, poteri creativi ed estetici fuori dal comune.

Spesso durante la pratica yoga incontriamo posture ispirate agli animali. Se non ci soffermiamo solo sulle forme che essi suggeriscono di assumere al nostro corpo, come spesso accade, ma ci lasciamo trasportare nell’intimità psichica dell’asana essi possono portarci aldilà del mondo ordinario e mostrarci i misteri del cosmo.


Custodi del ciclo vitale

Un’altra rappresentazione interessante legata al culto delle Yogini è quella della Madre-Serpente, o Nagamata, associata alle Nagini.

Simbolo del divino femminile, la Shakti, il serpente, è energia quiescente arrotolata su se stessa fino a quando non viene risvegliata attraverso la pratica.

La Nagi è considerata una divinità acquatica, notturna e ctonia che elargisce fertilità e cura le malattie (Spagna 2014).

L’elemento fluido nell’India religiosa è legato all’incessante movimento del divenire e svolge un ruolo preminente in molti rituali legati alla Dea che ha continuamente bisogno di custodire e risvegliare la propria consapevolezza corporea, di "idratare il proprio ‘principio vitale’" (Lussana 2017).

Dea Serpente cretese. 5000 AEC

L’elemento fluido, vitale e mutevole del principio femminile non è associato solo all’elemento acqua, ma anche all’elemento sangue, simbolo di una Madre Terra che viene considerata grembo.

I sacrifici di sangue offerti alla Terra sono diffusi fin dalle società tribali dell’India Antica come anche nel culto medievale delle Yogini. Essi rappresentano una forma rituale volta al nutrimento della Dea affinché possa mantenere la sua capacità generativa.

E’ interessante notare che uno dei tre oggetti con cui vengono rappresentate le Dakini è proprio il kapala, la coppa teschio colma di sangue.

Nello Yogini Tantra (1350 e.c.) e nello Yoni Tantra  (1650 ec) troviamo riferimenti ai poteri magici femminili legati al flusso mestruale, il quale risulta essere una parte importante nel culto della divinità femminile incarnata nel corpo della donna (Dinsmore-Tuli 2014).

L’antropologo britannico Chris Knight ha pubblicato un articolo molto interessante sull’importanza sciamanica del ciclo mestruale, evidenziando come i rituali sciamanici di guarigione praticati in molte parti del mondo sembrino derivare proprio da un modello ciclico di rigenerazione basato su un equilibrio tra le polarità opposte della vita e della morte associato alle mestruazioni femminili.

Kundalini. Opera di Eva T.K

Il sangue, considerato sacro perché portatore di vita, è rimasto simbolo indiscusso del potere creativo femminile. Un potere magico, spirituale, sciamanico che mette in contatto la donna con le proprie energie intuitive, che le permette di aprirsi a stati di coscienza non ordinari in armonia con i cicli della luna, del cosmo e con quelli delle altre donne. Un potere trasformato in tabù dalla cultura patriarcale perché evidentemente pericoloso.

 

Guaritrici e artiste dell’Era Biofila

Le Yaksini sono spiriti femminili della natura, divinità connesse con la vegetazione, spesso rappresentate come figure che abitano in alberi sacri, personificazioni dell’essenza vitale, della linfa, del rasa.

Esse incarnano il nutrimento e la creatività che nasce dalla terra e che si esprime attraverso la ricchezza della flora ma possono anche essere terrifiche perchè, come evidenzia Chiara Policardi nel suo studio sulle Yogini teriantriopiche, hanno la capacità di arrecare danno, portare malattie e possedere gli umani.

Le Yaksini potrebbero simboleggiare i molteplici poteri delle piante, le loro funzioni nutritive e medicinali, la loro sacralità.  In una prospettiva sciamanica la connessione tra queste divinità e la sacralità della vegetazione dove esse prendevano dimora potrebbe far pensare all’ancestrale relazione delle donne con alberi e piante sacre capaci di curare il corpo e lo spirito. Una capacità che si basa sulla conoscenza dei principi chimici delle piante ma anche sul loro valore energetico che da sempre è stata tramandata attraverso la preparazione di composti, unguenti e sciroppi la cui somministrazione veniva spesso accompagnata nell’antichità da ritualizzazioni vocali, veri e propri mantra capaci di attivare il potere curativo delle sostanze.

Yakshini. Dinastia Sunga II-I secolo AEC

La conoscenza erboristica è da sempre stata una prerogativa perlopiù femminile. Le donne sanno entrare in relazione con le piante, sanno come prendersene cura e spesso sanno anche come attivare un dialogo con il loro spirito, con la loro coscienza.

Per questo le Yaksini rappresentano gli archetipi del potere femminile legato al fertile pianeta Terra, uno dei tanti volti di Demetra, Dea della Vita e della Fertilità che deve ritirare le energie in se stessa per il suo rinnovamento ciclico.

Il potere delle donne Yaksini è situato nel primo chakra, Muladhara, ed è associato all’energia delle radici che dal grembo affondano nel cuore della terra per attingere linfa, per creare connessioni e per comunicare con le altre donne.

In queste figure radicate e interconnesse è custodita l’immagine della sciamana artista che dalla terra attinge il coraggio di creare le forme del ‘futuro arcaico, termine utilizzato dalla filosofa femminista Mary Daly per indicare l’avvento di una nuova era biofila (biofilia, dal greco, amore per la vita) caratterizzata dal risveglio del genio femminile.

 

Coltivare le siddhi femminili

"Donna non si nasce, lo si diventa"
- Simone de Beauvoir

Lajja Gauri. Madre Universale con la testa di loto nella posizione del parto. VI sec EC

Intraprendere la via dello yoga è una avventura esistenziale.

Per le donne questa avventura ha una andatura spiraleggiante che segue l’evoluzione del corpo e la manifestazione progressiva dei poteri psichici i quali si esprimono in forme diverse in relazione all’età biologica.

Ciò che fa la differenza nel percorso spirituale femminile è la consapevolezza che si porta a questi poteri e il modo in cui la donna impara ad usarli per il benessere e la guarigione della comunità planetaria. Alcuni di loro si manifestano spontaneamente in momenti intensi e significativi come ad esempio quello del parto, altri invece si presentano in concomitanza con un approfondimento del lavoro interiore, con la meditazione, la scrittura, la danza, il canto, i rituali di gratitudine alla terra, i sogni.

Lo Yoga Tantrico non duale del Kasmir di matrice femminile, sciamanica ed estatica rappresenta per le donne un terreno culturale, filosofico ed empirico fertile di conoscenza. Esso è infatti un sistema di conoscenza spirituale che si sviluppa attraverso una relazione sempre nuova con la realtà, un approccio che prevede una ritualità autopoietica (autocreativa) di gesti e posture mai ripetuti meccanicamente che alimentano l’istinto della vita a portare sempre nuovi frutti.

Grazie al lavoro di studio di Gioia Lussana, ricercatrice ed insegnante nella tradizione dello Yoga del Kasmir, emerge con chiarezza come l’impronta estetico-artistica del tantrismo non duale sia orientata non tanto alla tecnica e allo sforzo quanto allo slancio sensoriale, ultra-sensiariale ed appassionato come strumento di consapevolezza in azione.

Intraprendere la via del sacro femminile per una donna vuol dire diventare consapevole dei propri poteri legati al mistero della creazione e della trasformazione, riconnettersi con le fonti vitali ancestrali della terra e della luna, praticare il coraggio visionario di essere in connessione con le forze elementari per farsi guidare in un cammino di conoscenza sempre più autentico e libero.

Non c’è dubbio che le risorse poetiche ed immaginative dello Yoga del Kasmir possano contribuire a questo tipo di percorso che è essenzialmente rivolto ad alimentare nella donna un processo spontaneo di ‘resa’ alle forze universali che abitano il suo corpo e da cui la donna può farsi guidare come una luce interna imparando ad essere più ricettiva, disponibile a se stessa, creativa, ma soprattutto libera di vivere il proprio corpo come una fonte di eterna ed infinita saggezza.

 

Bibliografia

Daly Mary, Quintessenza. Realizzare il futuro arcaico (1998), Venexia 2005

Davis Kimball Jeannine, Donne guerriere. Le sciamane delle vie della seta, Venexia 2009

Dinsmore-Tuli Uma, Yoni Shakti: A Woman's Guide to Power and Freedom Through Yoga and Tantra, Yogawords 2014

Gimbutas Marija, Il linguaggio della Dea (1989), Venexia 2008

Gimbutas Marija, Dee viventi (1999), Medusa 2005

Luciani Russo Morena, Donne Sciamane, Venexia 2012

Lussana Gioia, Lo Yoga della bellezza, Spunti per una riformulazione contemporanea dello yoga del Kasmir, Om Edizioni 2021

Lussana Gioia, La Dea che scorre. La matrice femminile dello yoga tantrico, Om Edizioni 2017

Noble Vicky, La Dea doppia (2003), Venexia 2005

Policardi Chiara, Divino, femminile, animale. Yogini teriantropiche nell’India antica e medievale, Edizioni dell’Orso 2020

Shaw Miranda, Illuminazione appassionata, Venexia 2010

Spagna Luisa, La danza segreta delle Yogini. Il tempio di Hirapur, Venexia 2014